Quando ci sediamo a tavola al ristorante, molto spesso ci capita di avere davanti a noi una bella tovaglia, una tovaglietta americana o un tovagliolo in cotone.
Ma come arrivano a noi questi elementi di arredo in stoffa a partire dalla loro nascita?
Partiamo dalla materia prima: il cotone
La coltivazione del cotone ha una storia antica, perché è una delle fibre più usate da oltre 7.000 anni. Le nuove tecniche messe a punto nel XVIII secolo hanno consentito l’intensificazione di tale coltivazione, oggi diffusa soprattutto nelle regioni tropicali a temperature calde come America, India, Cina, Egitto, Pakistan, Africa ed Europa Orientale.
Pianta tipica dei climi caldi, il cotone necessita di temperature medie piuttosto elevate. Ha bisogno di piogge frequenti e di un grado di luminosità molto alto. Si adatta a vari tipi di terreno ed è una coltura poco impegnativa.
Dopo circa tre mesi dalla semina, le piante sono già cresciute e hanno l’aspetto di arbusti medio-alti, con steli su cui sono presenti grandi fiori giallo pallido. Quando il frutto è maturo, le fibre si rilassano e la capsula si apre rilasciando un morbido cotone idrofilo.
A questo punto il cotone può essere raccolto con la massima facilità ma con delicatezza, per non asportare frammenti di foglia o di altre parti della pianta che potrebbero inquinare il prodotto finale.
Il cotone appena raccolto viene lasciato ad asciugare al sole per qualche giorno fino al momento della sgranatura: la prima lavorazione che il cotone subisce per separare la fibra dal resto del fiocco.
La produzione del tessuto
Tra le principali lavorazioni abbiamo la fase di filatura, che avviene componendo balle di cotone di diversa provenienza ma di tipologia di fibra similare con omogeneità di lunghezza e finezza.
Nella figura si può osservare la lavorazione che subisce il fiocco di cotone per arrivare al filato.
I fusi di filato prodotti dal filatoio vengono svolti dalla roccatrice e riavvolti sotto forma di rocca.
Durante questa fase il filo viene controllato elettronicamente e vengono eliminate le imperfezioni e difettosità non tollerabili: i difetti di massa (ingrossamenti e assottigliamenti) o le fibre di colore diverso o estranee che andrebbero ad inquinare il tessuto nelle varianti di bianco o chiare.
A questo punto si avrà una rocca con una lunghezza di filato prestabilita e con durezza e densità corretta secondo l’utilizzo, come nell’immagine.
Il flusso produttivo per la tessitura e il finissaggio prevede poi diverse fasi, ognuna delle quali ci porta più vicino ad avere la nostra tovaglia sul tavolo: orditura, tintura del filato, tessitura, controllo qualità (verifica pezze), bruciapelo, candeggio, mercerizzo per conferire elasticità e brillantezza, rameuse per l’asciugatura, calandra per la stiratura.
L’impatto del cotone e del tovagliato tessile
Quale però l’impatto della lavorazione per passare dal filo alla nostra tavola?
Passando per ognuna di queste fasi, l’intero ciclo produttivo di nobilitazione del cotone ha un consumo di circa 40 litri/Kg di acqua, 0.5 mc/Kg di metano e 2Kw/Kg di energia elettrica.
In seguito, è poi da considerare il lavoro associato al servizio di lava-nolo delle Lavanderie Industriali come la nostra, che trattano questi prodotti in cotone accertandosi di dare massima attenzione alle tematiche ambientali e alla sostenibilità.
Qualche informazione in più rispetto al monouso?
Da una valutazione del Life Cycle Assessment (LCA) – una metodologia che studia tutta la vita di un prodotto dall’acquisizione delle materie prime, attraverso la fabbricazione e l’utilizzo, fino allo smaltimento con l’obiettivo di quantificare gli impatti ambientali associati al prodotto medio – emerge che, a parità di utilizzo, tra un tessuto di stoffa riutilizzato (che quindi subisce un processo di lavaggio industriale) ed un prodotto monouso gli impatti sull’intero ambiente sono decisamente diversi.
Nelle lavanderie si fa uso di detergenti a basso impatto ambientale per ottenere un miglioramento della prestazione sull’intero ciclo di vita dei capi. Vengono regolarmente svolte analisi energetiche per l’ottimizzazione dei consumi di energia elettrica ed il riutilizzo del calore, analisi ambientali per la minimizzazione dei consumi dei prodotti utilizzati nella fase di lavaggio e l’acquisto di prodotti a basso impatto dichiarato o certificato.
Per riassumere, possiamo quindi affermare che gli interventi attuati negli anni dalle lavanderie hanno portato ad una diminuzione dei consumi energetici e di conseguenza ad una diminuzione degli impatti ambientali per il settore tessile.
Un ciclo di vita dal cotone al tovagliato, che non solo ha prestazioni ambientali migliori rispetto ai prodotti usa e getta…ma che a tavola ci regala anche morbidezza ed eleganza senza paragoni!
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